Testo per catalogo Hic Sunt Leones Iper festival delle periferie a cura di Giorgio de Finis
di Valeria Sanguini
«L’altrove, come luogo fisico e soprattutto, come progetto utopico, è una presenza costante nel lavoro di Valeria Sanguini. Si tratti di disegnare la geografia di un continente immaginario, di raccoglierne e catalogarne i (falsi) reperti, di rappresentare allusivamente i paesaggi, ciò che interessa l’artista è soprattutto la possibilità di indurre lo spettatore ad uno stacco, a una momentanea interruzione dell’incredulità (…)»1.
Affrontavo la domanda posta da IPER festival delle periferie, ovvero se esista ancora nel nostro tempo e nel nostro mondo un luogo fisico o mentale che possegga le caratteristiche di un altrove radicale, nell’“odissea temporale” della mia prima personale About Caledonia2 nel 2001. Come testimoniano gli scatti Looking for Caledonia che mi vedono viaggiatrice in esplorazione, il cilindro trasparente di una scatola di stuzzicadenti, quale binocolo, a scrutare l’orizzonte, naufraga, i pantaloni arrotolati apparivo come una Robinson Crusoe dotata solo di un corsetto salvagente sulla cartolina d’invito alla mostra. Un quadro per fondale e paesaggio, una vegetazione immaginata e intravista tra le righe di Do Kamo, La personne et le mythe dans le monde mélanésien3 una testimonianza di Maurice Leenhardt, missionario tramutato in antropologo dall’esperienza d’incontro con la cultura e mitologia kanak nell’ancora più lontano 1947. A questo testo e al concetto di “vivente indifferenziato” (Do Kamo), nato dalla contaminazione che questo incontro ha implicato anche nella mia scelta di abbandonare gli studi di antropologia per l’Accademia di Belle Arti, era dedicata la mostra.
Intenta allora a restituire, nella ricostruzione posticcia un luogo, dove il bianco, colore che predomina in gessi e oggetti in polistirolo e ricopre anche il pavimento dell’intera galleria, intaccato dai passi dei visitatori sporcandosi o macchiandosi di colore si fa “verde Caledonia” (un verde menta che scaturisce da calchi dentali in piantagione «Amina»2001)diventanome di un altro luogo possibile, di un altro colore. Un immaginario artificioso, contaminato dal pregiudizio del bianco, falso mito della purezza di un luogo nuovo, ma anche cancellazione, azzeramento, oltre che idealizzato punto di partenza dell’operare dell’arte: il foglio bianco, la tela bianca.
About Caledonia si estende in CAL/EDONIA/C’E’4e poi ancora con From Caledonia, a ricalcare la violenza di un nome affibbiato e ripetuto, deportato, e denunciare l’espoliazione (tutt’ora in corso, anche se ormai con ben altre modalità) propria di una dinamica coloniale.
Nomi di territori esistenti riutilizzati a battesimo di terre considerate “nuove”, ben oltre l’estraniamento, potenziale sorpresa se non meraviglia, o paura, al quale esorta il titolo dell’IPER festival 2024, affidandosi all’immaginazione. In questo caso, il nome di una regione della Scozia appiccicato alla Melanesia che diventa così Nuova Caledonia, a sottolineare il totale punto a capo dal 1853, del tutt’ora protettorato francese. Segna la mancanza di fantasia quanto l’incapacità di aprirsi all’incontro con l’altro. Un approccio di cui siamo figli e volenti o nolenti figlie, anche se in quanto tali più consapevoli delle conseguenze che questo atteggiamento implica storicamente, perché ne abbiamo subìto le stesse sciagure, come dettagliatamente descrive Silvia Federci nel Calibano e la strega5, un approccio che ha negato – e nega di fatto – la possibilità dell’altro in tutte le sue possibili vesti: femmina, omosessuale o nativo o indigeno o proletario..(ed ogni categoria che si aggiunge alla lista è prodotto di una logica del separare che lenisce al concetto stesso di altro e di persona come entità dinamica in continua trasformazione) tanto quanto la possibilità di un altrove, dimostrando per altro come questo abbia permesso l’accumulazione del capitale. Espropriazione del corpo sociale e umano e sua progressiva meccanizzazione e digitalizzazione.
All’impatto che l’incontro con questo testo ha avuto sul mio lavoro, permettendomi di collegarne tensioni e dimensioni, della condizione umana, altrimenti apparentemente distanti, da Dolls and Dogs a About Caledonia appunto, dovrei dedicare uno spazio specifico e più esteso. Qui lo cito quale apporto fondante anche per la Tenda_ nel riportare quella che è presa di coscienza e percorso di emancipazione ad un tracciato storico attraverso le dinamiche che affronta: da quelle dell’abitare lo spazio comune espropriato che si è fatto privato e sempre più individualizzato, passando a quello del corpo che si è ridotto a mero ingranaggio, appalto di un sistema di produzione di cui quello – dei corpi altri – è sostanziale sostegno, fino a quello non salariato, nel caso del lavoro delle donne, lavoro domestico e di cura, essenziale alla riproduzione della forza lavoro.
Quel mio viaggio partito in solitaria nello sconcerto, perpetrato nell’utilizzo del nome Caledonia, motiverà anche la mia scelta di fare della pittura un territorio di esplorazione, un interfaccia, «regione materiale» come la ritrovo intesa in campo scientifico da Laura Tribaldi in Menti parallele6,di rapporto con l’altrove. Scelta che si formalizza nell’uso dello stesso formato 300 x 200 cm delle mie tele, per le sue tappe principali, in un rapporto diretto, relazionale, con la vitalità della materia. Dialogo teorizzato da un approccio alla materia riaperto dal pensiero femminista di un nuovo materialismo. Esplorazione che non può escludere e si avvale di percorsi attraverso altri linguaggi, anche nel sondare la relazione tra materialità e rarefazione, attraverso un avanzare “generativo” del fare proprio delle arti visive, al quale la pittura apporta una pratica antica della virtualità, che implica inevitabilmente il corpo tutto, nel suo farsi, riconoscendolo quale strumento altamente tecnologico. Dove l’astrazione anche più siderale si ricollega al gesto, ad una condizione dell’agire nello spazio, in un rapporto diretto con la materia, offrendo una possibilità di riscatto nel contatto e una possibilità di presenza nella condivisione, nell’addentrare, esercitare, disporre una virtualità che altro non è che spazio di immaginazione.
Questa pratica si è estesa nella condivisione con e attraverso il percorso della Tenda_ dal 2010, con la quale sono stata invitata a partecipare all’IPER festival delle periferie nella sua terza edizione 2024, al Mattatoio: uno spazio corale, abitato la cui mappatura ho restituito nelle sue modalità specifiche, alla Lecture Iper_Tenda: « Uno Storyboard » al teatro 1 che qui approfondisco7.
L’Iper_Tenda è stato un dispositivo d’incontro della durata di una settimana, ospitato nello spazio del teatro 2 della Pelanda, dove ho invitato 22 artisti a condividere, in una coralità di linguaggi, voci e gesti, i percorsi della Tenda_ aprendoli attraverso l’interazione con il pubblico. Uno spazio che in tale sovrapposizione e alternanza di proposte mi ha permesso di lasciare affiorare le proprietà emergenti8 , quali possibili sponde di un altrove comune, abitando altre modalità, chiedendo agli artisti invitati di aprirsi a questa possibilità.
La Tenda_ si riattiva celebrando l’incontro del Metropoliz e del MAAM, con il tessuto cittadino, riconosciuto dopo anni di occupazione e intimazioni all’esproprio, come spazio di sperimentazione culturale e sociale, attraverso l’acquisto da parte del Comune di Roma. La Tenda_ aveva scelto il MAAM nel 2016 quale ideale approdo in corrispondenza alle proprie coordinate di partenza: senza nome sul citofono, se non nella moltitudine di quelli scritti sulle cassette che si affastellano sul portone, nella precarietà e temerarietà di un progetto che intreccia una condizione di emergenza dell’arte con la protezione di un luogo di vita, affrontando l’idea dell’abitare, del convivere nella diversità e oltre i propri confini, immaginando insieme un altrove.
Luogo di incontro e celebrazione dell’incontro La Tenda_ procede aderendo a momenti di celebrazione collettiva considerandoli momenti essenziali di contatto con dimensioni diverse e interconnesse del tessuto delle comunità e scopre attraversandoli, quanto possano essere elementi di connessione tra spazi e dimensioni apparentemente lontane.
Nel 2014 la festa dei Santi Patroni Cosma e Damiano a Riace, alla quale la Tenda_7km partecipa durante la sua realizzazione, celebrando la relazione che affiora in quei giorni tra medici portatori di cure e sapere dalla Siria e i famosi bronzi di Riace. Corpi e capolavori rinvenuti dal mare, ai quali ho poi dedicato un laboratorio, uno dei tanti a corollario della Tenda_, incentrato sull’idea del corpo quale opera d’arte e sul rapporto tra valore e scarto in una visione della circolarità che risulta centrale e strutturante per la Tenda_ perché anche lo scarto è un’invenzione. Come è un’invenzione quel mare trasformato in muraglia di cinta, che sulle coste di Riace si fa sponda per moltissime persone accolte ed ospitate, dal 2009.
Nel 2016 La Tenda_ procedeva per portare alla luce dinamiche e connessioni facendosi percorso nel celebrarle, come accennato, due anni dopo, in date coincidenti, anche alla “festa dell’equinozio” al MAAM, godendo di quella particolare inclinazione della luce e dimensione dell’esperienza del colore che è fondante per La Tenda_, che nella perpendicolarità specifica di quel giorno di equinozio risponde alla verticalità delle linee delle lamiere dell’hangar, nella precarietà dell’abitare, come a veri e propri meridiani, ai quali le coordinate della Tenda_ ed i suoi percorsi trovavano momentaneamente appiglio. Giocando con una partitura di coordinate che nel buio aprivano squarci di colore, in quello che era stato sede di un salumificio, lungamente occupato, e che oggi è casa per molti e museo.
Quelle stesse coordinate approdano nel 2024, non a caso, negli spazi della Pelanda “suina” con l’IPER festival, celebrando appunto la riqualificazione di un altro luogo connotato dall’esperienza del macello, dimensione diventata oggi intensiva e relegata a luoghi sempre più invisibili, come ci ricorda una riflessione in chiusura alla lettura e ascolto del viaggio sonoro La fabbrica dei sogni di Valentina Baronti e Camilla Lattanzi all’Iper_Tenda, a chiudere un viaggio al cuore della realtà operaia della Gkn, della sua storia e dei suoi spazi di militanza, che della propria sopravvivenza e tentativo di riconversione fanno una lotta per i diritti di tutti.
La Tenda_ si pone il problema del contesto dell’arte, della dimensione dell’abitare del corpo dell’opera d’arte come magistralmente affrontato da Bergonzoni nella sua performance Tutela dei beni9 che mette al centro l’affiorare di un corpo, quello di Stefano Cucchi, nel Museo Aristaios nell’Auditorium di Roma. Tematica che il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove, ha il merito di affrontare apertamente e che ho incontrato inevitabilmente anche nella trasversalità di contesti che la mia ricerca ha conosciuto, attraverso interventi urbani in collettivi, azioni e laboratori, oltre alla dimensione propriamente commerciale e autoreferenziale dei circuiti dell’arte. Quel circuito, affrontato nella sua sovrapproduzione cartacea, di riviste, inviti e pubblicazioni d’arte che Olivia Seiling fischiettando, nella presentazione video inviata in sua vece a rappresentarla all’Iper_Tenda, rielabora in una inesorabile dinamica di riciclo, la sua casa e collezione di mutande, il progetto Haus der Höschen (di oltre mille pezzi), che con un plotone di 50 pezzi raggiunge l’Iper_Tenda.
Nel 2011 La Tenda_ collega lo spazio privato della galleria Franzotti dove inaugura la sua mostra Fünfzehnkilometer, di cui è elemento centrale, con il suo primo momento in esterno, dove sfila in strada, con United for global Change per 15 Km di manifestazione, con la marcia del 15 ottobre, per farsi Tenda_15 km e raggiungere l’inaugurazione durante la quale verrà installata. Il dispositivo della Tenda non concepisce specificità se non quella che si costruisce in cammino e nel trovare luoghi dove soffermarsi, si costruisce sempre estendendosi e mettendoli in relazione, esondando la dimensione domestica come quella site-specific – la Tenda_ è un disegno che si va definendo – per reinventarla ed espanderla nell’accoglienza come è stato suo monito di partenza. Evade la dimensione autoreferenziale propria dell’arte: ad IPER festival come installazione temporanea diventando corale nell’appello ad altri artisti, poeti, autori, musicisti, invitati a reagire alle proprie tematiche mettendo al proprio centro e al centro del festival, percorsi e racconti in prima persona, alcuni realizzati proprio per l’Iper_Tenda e le condizioni del suo spazio al teatro 2.
Violeta Parra con la sua Carpa de la reina, che ritrovo sul percorso, ne condivide la trasversalità di intenti e a maggior ragione ora nella coralità, lei capace di inglobare un folclore che si faceva ossatura dell’incontro, anche con l’intellighenzia del suo tempo, attraverso il suo cantare. Lei, che ho incontrato ancora adolescente nei canti degli esiliati, rientrati in Cile poco prima del crollo della dittatura di Pinochet, segnando la mia esperienza della politica come militanza nell’arte. Militanza che mi fa chiamare la presenza all’Iper_Tenda di Davide Minotti e la sonorizzazione dei Conniventi conAlessio Maramao e Jacopo Giuliani, che incrocia letture da Esili nidi10 con testi che affrontano il tema della coscienza post-coloniale. Ci porta in Eritrea, in Etiopia, un viaggio collettivo, in cui scopro i testi di Saleh Addonia, scrittore eritreo in esilio e ritrovo il potentissimo testo di Flaiano11 tra i testi di denuncia, la sua implacabile, viscerale, la logica coloniale quale malattia che corrompe l’incontro, nella dannazione. Un viaggio nel quale le identità non hanno più nome, né confini ma diventano “esili cose”.
La Tenda_ si fa moto a luogo, sulle tracce di Kenneth White e della sua geopoetica12come dimora temporanea e nomade da costruire in estensione, che delle proprie fragilità indaga il potenziale, intessendo il proprio procedere in esperienze di collettività, in una logica di reciprocità. Un dispositivo di incontro quindi che del bianco svela possibilmente i colori, tutti. Non per megalomania, né sfarzo, ma per completezza, considerando che per sintesi sottrattiva ne bastano tre di colori, nella mescolanza propria del procedere pittorico, per ottenerli tutti. Più che di un progetto si tratta di una messa a disposizione ad accoglierli e rilanciarli, mescolarli appunto, cercando sempre nuovi approdi, luoghi dove soffermarsi e nella sospensione intessere gesti condivisi.
Una carte du monde poétique: un altrove di fatto
politique
Oltre queste terre infestate da ben altre bestie pronte a sbranare i mari, a tagliare continuità di senso, erigere ostacoli nei luoghi dello scambio e della conoscenza, la Tenda_ è un viaggio che dell’irriverenza alle coordinate date fa strumento di elaborazione, per sopravvivenza: la carte du monde poétique (1968)di Marcel Brothaers in tasca, si muove all’insegna di una cartografia poetica che rimetta il corpo al centro. Oltre le nostre cartine e geolocalizzazioni, sostenendo un tam tam oltre il TomTom di un vagare pilotati, che è deriva di un mondo di segregazione anche dell’immaginario che rischia di risolversi esclusivamente nella fruizione di una virtualità digitale. In questo fà tesoro anche dell’esperienza del camminare, anche in cerchio, portandomi all’incontro con gli Stalker13, che ritrovo all’origine dell’individuazione del salumificio Fiorucci in stato di abbandono, raggiunto da uno dei loro percorsi: incontro che ha aperto all’esperienza di Metropoliz e del MAAM. Con StalkerLab ho condiviso recentemente l’esperienza di “Spontaneamente”, esperienza che non sono riuscita a convogliare sotto l’Iper_Tenda ma che l’ha raggiunta attraverso i percorsi dei montaggi video di Termini TV. Realtà attiva e presente con una pluralità di voci all’Iper_Tenda che porta di quest’approccio al camminare, all’incontro, l’intreccio di traiettorie della stazione e si fa anche luogo di scambio e condivisione con Mama Temini, ricollegando la mappatura estesa della Tenda_ alla città di Roma in un momento di convivialità. Come in occasione dell’appuntamento per una cena condivisa a piazza dei Cinquecento, riporta le rotte migranti a quelle di tutti noi, in viaggio, approfondendone i destini con il documentario El Ghorba di Francesco Conte.
L’orizzonte della Tenda_ è quello disegnato dal gesto che lancia, dal salto, reiterato e condiviso con i ragazzi di Città Futura e i cittadini del borgo di Riace, per le strade, dai tetti, attraverso le case, ignorando le delimitazioni urbanistiche e architettoniche, le categorie del transitabile e dell’abitabile, dove le coordinate si annodano ai balconi, alle maniglie, ricollegandosi alla realtà dei contesti. Le stesse coordinate si spostano poi per magnetismo, per ancorarsi alle pareti metalliche delMAAM, nella verticalità della lamiera o in punti cardinali, con le altalene nell’installazione alla Pelanda, dove si alternano presenze in sospensione e reciprocità: slegando ai venti e nella sua rosa, i luoghi di origine da quelli di partenza, affidandosi ad un simbolo, quello appunto della rosa dei venti che è rifermento del viaggiare a vista, in alto mare, ridotto altrimenti a quattro punte sulla bandiera della NATO, che lega la più eterea delle forze alla dimensione militare, incastrandola in una logica di guerra. Parte centrale del disegno dell’Iper_Tenda, la rosa dei venti, non è neanche più a bordo cartina ma struttura portante oltre che sostegno di una circolarità che la vuole a tutto tondo. È questo disegno a svelarsi, aprendosi malgrado il mio procedere in linea retta da un capo all’altro della sua stella con l’esperienza documentata dal video Attraverso la rosa del 2009: linea che si apre sotto i miei passi, in salite impervie e discese a picco, che vengono innestati tra le linee dell’Iper_ Tenda, inserendosi quasi invisibili nell’installazione alla Pelanda, a spezzare, deviare o accompagnare le traiettorie dei percorsi portati.
Alla modalità del viaggiare della Tenda_ in una geografia inevitabilmente ventosa, propria dei percorsi di migrazione, si aggiunge la dislocazione continua di un’epoca che alla virtualità digitale affida propaggini, estensioni del corpo, nel viaggiare, nel rapportarsi con gli altri, portandoci ad un continuo sforzo di riorientamento, anche nella stasi del rapporto con gli schermi, per sottrarvi momenti di presenza, in movimento anche nel riportarci ad un corpo collettivo, «in presenza», in un dialogo condiviso all’incrocio dei venti, dove il centro e la periferia si incontrano inevitabilmente in una dinamica di cui il Museo delle Periferie, quale organizzatore dell’IPER festival, si fa portatore e riferimento.
Questa mappa di incontri, cartografia abitata da venti e mossa da gesti condivisi, che l’Iper_Tenda ha proposto in una settimana di incontri, torna ad essere quindi disegno, aperto, immagine in azione, avvalendosi anche dell’incontro con Geografia di Farinelli14 (invitato ad IPER festival delle periferie con la lecture I leoni e la pantera al teatro 1) che afferma nell’introduzione al suo testo che «non è più possibile contare, nel rapporto con la realtà, sulla potentissima mediazione cartografica che, riducendo a un piano la sfera terrestre, ha fin qui permesso di evitare di fare i conti con la Terra così come davvero essa è, con il globo».Si apre al tutto tondo, all’incontro di quel potenziale sovversivo, “non domesticabile”, per tornare a Farinelli, proprio al divenire delle rotte migranti ed avvicinarne la “materialità indeterminata15 ”della quale trattano Dimitri Papadopolous e Tsianos nel loro articolo The autonomy of migration, considerandola quale laboratorio per affrontare l’avvenire. «I migranti non necessitano traduzioni né mediazioni. Entrano in relazione
attraverso il loro divenire, attraverso graduali, attente, a volte penose, trasformazioni delle proprie
costituzioni corporee: realizzano i loro desideri cambiando corpi, voci, accenti, dialetti, capelli,
colori, altezze, genere, età, biografie».16
L’articolo, riferimento di partenza della Tenda_ è stato riproposto a capitoli attraverso le letture o lezioni funamboliche da Susanne Rieper, che hanno accompagnato e attraversato le tematiche delle giornate dell’Iper_Tenda: ANIMALI, NUOVE ALLEANZE E PARENTELE – L’INVISIBILITA’ ed il SELVATICO – GESTI DISEDUCANTI: DISARMANTI e DISERBANTI – RIDISEGNANDO GEOGRAFIE: il CONFINE COME LUOGO ed ESPERIENZA – IL CORPO, GENEALOGIA E NUOVE GESTAZIONI – DEL RIPARARE e NUOVE COMPORTAMENTALITA’.
Nel riapprendere a deambulare sulla palla per quest’occasione, la si vede leggere alternando la lettura a percorsi in cammino sopra una palla da circo, nel continuo riorientamento, nell’affanno che si impone alla lettura, nella sua interruzione. Nella sospensione di uno stato di allerta, in una circolarità di passi pronti al salto e all’ascolto dell’imminente, incorporando i vettori e le tensioni dello spazio della Tenda_ come le tematiche che la tengono in sospensione aprendole al dialogo con il pubblico.
Occhi negli occhi e matita in pugno con l’azione Ich bin Du, già proposta a Berlino al festival 48 Stunden Neukölln sui marciapiedi e qui riproposta in un allenarsi mutuamente allo sguardo, che si sonda nella propria periferia, nel restituire la centralità al vedersi, inginocchiati uno di fronte all’altro, nel guardarsi negli occhi tracciando linee per un ritratto che non lascia spazio all’oggettivazione, a quattro mani, i cui tratti si sovrappongono. O riportando ad un’interiorità, non vedente, come già Joanna Barros proponeva per la Tenda_al MAAM con la performance I only escape through the exit door con Ilare all’Iper_Tenda: percorso e laboratorio Con la coda dell’occhio attraverso cui Ilare ha messo in atto la visione periferica, quanto l’interiorizzazione dello sguardo dell’altro per procedere attivando altri sensi coinvolti nell’orientarsi e tracciando percorsi a più piedi, quadrupedi, condotti e conducenti, nel seguire le linee che dalla Pelanda ci portano al fiume Tevere ad abbeverarci di un rapporto anche con il territorio circostante al Mattatoio. Con Julie Polidoro nel suo Vestirsi di tutti i paesi del mondo, aprendo varchi nei confini di un mare geografico che si intesse di membra, gesti, e improvvisando coreografie possibili. L’artista ha condiviso con i presenti lo spazio della sua pittura tramutata in trama da indossare in collaborazione con il pubblico. Altrettanto all’Iper_Tenda farà lo Stato di Luca di Luzio, invitato all’operare condiviso, da pittore che del timbrare riconquista una porzione oltre frontiera e che allo stato conferisce una dimensione di sospensione, dissolvendo il confine, evadendo al luogo del controllo in una sovrapposizione di territori o nel respiro che si apre tra essi.
La Tenda_ nasce come reazione alle politiche dei respingimenti ed è andando incontro, frequentando l’instabilità che si costruisce, puntando sulla sua agilità, andando incontro a luoghi di frizione, spesso relegati all’illegalità, fuori mappa e senza documenti. Criticata per il suo “aspetto” precario, che sottolinea la fragilità di una condizione, fatta di vuoti e di linee, proprio in questi luoghi di emergenza, la Tenda_ oggi, dopo dieci anni di cammino, vede tende scendere in strada in tutto il mondo, nei campus, in piazza, quali simboli di aggregazione e di lotta.
All’incontro dell’esperimento di accoglienza, noto ormai a tutti come «caso Riace», quando non «modello Riac », in Calabria, che ha subito una brusca interruzione e che la Tenda_7km ha vissuto come tappa essenziale e fondante, una sfida esemplare alla politica dei respingimenti, modello portato in Europa anche dalla voce di Wim Wenders che a Riace realizza il suo film Il Volo. Quel borgo che offriva alloggio allontanando famiglie intere dal destino dei centri di accoglienza, che la distanza di 7 km dal mare, affrontava rispondendo anche all’emergenza dello spopolamento delle aree interne. L’Iper_Tenda – che vede proprio nella settimana dell’IPER festival Mimmo Lucano, il sindaco e direttore di Città futura, vincere alle elezioni europee, alle quali si candida, dopo un lungo iter giudiziario – sa quella comunità di ragazzi e famiglie, abitanti a pieno titolo del borgo nel 2014, in questi stessi anni in parte dislocata, sparpagliata.
La Tenda_ coltiva in queste brecce un ascolto all’insegna anche dell’impercettibilità17, quanto dei vuoti, incorporandole nel proprio procedere, rispettando le omissioni.
Nel contesto di IPER festival inserisce in scaletta, in una programmazione richiesta di eventi in successione, Tasneem Fared, attrice che incarna la sposa del film in Io sto con la Sposa di Gabriele del Grande, invitata all’Iper_Tenda a raccontare la sua di storia, di donna palestinese ancora in viaggio, oggi in Germania che purtroppo non riesce a raggiungerci. Viaggio al quale oggi si aggiunge il retroscena della guerra che rende il suo silenzio ancora più rumoroso. Situazione che l’Iper_Tenda ha voluto affrontare con l’invito alla performance e al dialogo Caduto dal Cielo. Biografia di un oggetto con Marlene Pardeller che ci restituisce un proprio percorso attraverso un oggetto, la blusa da sposa della nonna, paracadute caduto e re intessuto anche nel suo racconto, con tutto il peso che l’omissione comporta, in ricaduta anche a livello genealogico, oltre alla complessità di un destino attraversato da infinite pieghe, confini linguistici, culturali, economici e di guerra. Pieghe incarnate tutte nel percorso di Pippa Bacca che ho voluto, anche lei assente ma quanto mai presente, sposa all’incontro di un altrove che si interrompe per eliminazione nella violenza, sul percorso opposto, da Nord a Sud, rievocato dal reading poetico di Giulia Morello Sono innamorata di Pippa Bacca, chiedimi perchè! che restituisce la complessità del suo operare dissidente.
Un viaggio anche musicale attraverso i brani interpretati da Assia Fiorillo e Matteo Panzironi che intessono un cammino lungo le vie dei canti; il riferimento a Bruce Chatwin non è casuale, nella capacità che ha il canto di ricollegarci al territorio, da lui investigato sul campo in territorio aborigeno, fa eco Billy Ballerina di Francesco Patriarca, che ci porta ad incontrare altrettanti corpi in transito e ancora treni e periferie dell’esperienza anche biografica di alcuni cantautori.
Viaggio che il Disobbedire a titolo della presentazione del film Io sto con la sposa di Gabriele Del Grandeproiettato all’Iper_Tenda, ha portato a lieti esiti, ricordandoci come il progetto del film sia nato per strada con un incontro al bar e fortunato nel suo escamotage, grazie anche al sostegno di una moltitudine, che lo ha finanziato, attraverso un processo di crowfunding, rendendo possibile l’attraversamento di frontiere da Sud a Nord dell’Europa altrimenti sbarrate.
Conosciuto agli albori del percorso della Tenda_ quando il suo blog Fortress Europe era unica risorsa per avere informazioni dirette sugli sbarchi e ci si organizzava per reagire ai respingimenti, è stato anche riferimento fino ad ora con la sua ricerca storica sulle migrazioni, dati alla mano, a sfatare i numeri della propaganda riguardo i flussi migratori, offrendone la prospettiva storica con il testo, recentemente pubblicato, Il secolo mobile18 e presentato sotto forma di monologo al teatro 1 durante IPER, dove sembra riportarci sulla terra, preparandoci alla realtà di mescolanze inevitabili in un secolo che si fa mobile, nella sua realtà di globo, al di là del terrapiattismo politico che vuole ancora ignorarne la rotondità e la complessità. Ci ricorda che la dimensione dell’altro culturale e politico entrerà inevitabilmente nei nuclei familiari e attraverso legami di parentela sempre più estesi, nell’appartenenza di tutti ad un altrove esteso e in costruzione, regalandoci anche questa immagine che vede la dissoluzione delle frontiere come dato di fatto.
La complessità della frontiera, ferita nel paesaggio e nel discorso che magistralmente affronta Fiamma Montezemolo come frontiera metodologica, anche anticipandoci la pubblicazione del suo catalogo Hidden in Plain Sight19 in cui unisce esperienze sul campo, ricerca antropologica e ricerca visiva e di cui porta una testimonianza diretta sulla linea della frontiera tra Messico e Stati Uniti con il suo video Traces 2012 che del muro restituisce l’esperienza fisica, la forza identitaria, nel suo essere inesorabile realtà dandogli corpo in un dialogo diretto, interpellandola.
Confine che rimane nel caso della Tenda_ nata dallo scarto alla linea, un limite da bai-passare in una scommessa per le nuove generazioni: un discorso ancora tutto da intessere a partire da quel moto di scarto che collega la sua partenza con la nascita di mio figlio, nel metter al mondo il mondo in una sorta di rialfabetizzazione, di cui Boetti, nella ripetizione di un mantra del segno, preconizzava la geografia gestante e ignorante. Perché prima di ogni cosa il percorso della La Tenda_è dettato dall’urgenza di trovare un altro modo di abitare lo spazio, scommettendo sulla fragilità e facendone risorsa, rivolgendosi alle nuove generazioni e ai più giovani che hanno accompagnato i primi tracciati e che ne sono i primi destinatari. Anche Giorgio Bacci in Confini. Viaggi nell’arte contemporanea20 sottolinea «con la Tenda_7km il futuro è immaginato a partire dai bambini21». Bambini e ragazzi di Riace con passato migrante o meno, come i bambini del MAAM, dove tutti parlavano calabrese in un caso e romano nell’altro, sono loro a stabilire i percorsi, loro a conoscere il territorio con i quali ho condiviso una esperienza, che la lettura di Jodorowsky22 mi ha permesso di riesumare dalla mia infanzia: il desiderio impellente di camminare in linea retta senza fermarmi davanti a nessun ostacolo, superando muri, macchine (come lui stesso farà con il poeta e amico Enrique Lihn).
Tra questi bambini armati di bobine colorate de La Tenda_ c’era anche mio figlio che a Riace a soli 4 anni alla Tenda_ 15km ha partecipato in carrozzina e un po’ più grande al MAAM, giocando a pallone e condividendo il pranzo e i pomeriggi. Una possibilità che nessuna dimensione della professionalità dell’arte concepisce, dalle residenze d’artista alle condizioni richieste per la progettazione di una mostra.
La Tenda_ nasce nel 2010 proprio trovandomi investita dal ruolo genitoriale a 360 gradi e nell’affrontare l’impossibilità di continuare a vivere l’arte a tempo pieno. Nasce nell’uscire dallo studio, ripartendo dall’essenziale, da linee e colori, dai materiali di partenza del mio operare visivo, materializzati in fettucce da dispiegare con mio figlio in case in transito, da poter portare con noi in una valigia, in bobine da elaborare in condivisione e giocando. Accettando di imparare di nuovo a parlare, camminare non sapendo neanche come definire quello che nel frattempo si è sviluppato come percorso anche di emancipazione nel mio modo di operare nell’arte.
Nello sperimentare una condivisone che fa tesoro dell’esperienza totalizzante, che si vive soprattutto nei primi anni di vita, tra madre e figlio, condizione che l’atto primo di sangue del mio sangue di Vittorio Zeppillo, riporta alla dimensione del generare nella dinamica propria del fare artistico, facendo eco con le frequenze della sua performance sonora ed il suo testo, al mio video carne delle mia carne 201423 esposto proprio alla Pelanda, dove la materia colore in determinate proporzioni, rosso/giallo/blu/bianco nel mescolarsi prende tutte le tonalità dell’incarnato delle mie mani, fino al punto da non distinguere più l’uno dall’altro. Evocazione con Zeppillo, che incarna una genitorialità allargata che nella reciprocità si rimette in questione, si può mutante e dialogante, fa esperienza dell’altro viscerale. Nel fare insieme, nell’eludere l’oggettivazione, aprendosi ad un dialogo con l’accadere continuo anche dell’altro da sé, esigente quanto bisognoso di cure, imparando a rendersi disponibile. Quanto trovare sponde alla tensione del sapersi parte di una collettività più inclusiva e multiculturale e volgermi a cercarla in uno scenario politico e sociale di chiusura ed esclusione.
Quest’esplorazione che non si poteva in quel frangente, progetto, come nell’operare di alcuni artisti e cito Sol Lewitt alla cui progettualità allargata e condivisa del disegno ho avuto modo di partecipare, come Carla Accardi con le sue meravigliose Tende che nel loro farsi linguaggio e trama di emancipazione nella rialfabetizzazione aperta del segno e dello spazio dell’opera, fanno della Tenda_ sicuramente un’emanazione. Nella dinamica di espansione della domesticità, nell’estensione sistematica della Triplice Tenda la Accardi apre alla sospensione che indago, estendendone ulteriormente i presupposti. Incontro lei sul cammino, onorata di scoprirla come riferimento, così come Maria Lai e le sue fila, alla quale la Tenda_ si accosta, per rilanciarne i collegamenti in un futuro dell’immaginare che si apre alle nuove generazioni, grazie allo sguardo di Giorgio Bacci24, a cui devo il reincorporarmi in un discorso storico e genealogico: «Se in legarsi alla montagna il futuro veniva immaginato riattivando un tessuto di memorie passate, in la Tenda_7km il futuro è immaginato a partire dai bambini migranti, che concretamente aiutano l’artista a tessere questa ragnatela multicolore, muovendosi tra le strade e le abitazioni di Riace.»
Ho scelto di invitare alla prima giornata dell’Iper_Tenda le Maternal Fantasies, collettivo di artiste che con il video Suspended care porta al centro il tema della maternità, condividendone spazi e tempi, domande che non trovano posto nella sfera pubblica quanto in a quella dell’arte. La loro domesticità si fa paesaggio con un loro repertorio di estensioni, espedienti, aprendo ad un discorso di responsabilità verso le nuove generazioni, elaborando modalità condivise: “dalla scrittura di risposte autobiografiche a testi femministi classici, all’ideazione di performance che utilizzano giochi per bambini, la loro pratica artistica favorisce esperimenti inclusivi orientati alla comunità come alternativa alle forme tradizionali della produzione artistica”.
Le ho coinvolte anche per andare incontro a contesti che questa scelta riconoscono e sostengono, contesti che loro individuano in una loro strategia di sopravvivenza. La Tenda_ nel suo impegno alla rotondità, si è sempre cimentata in contesti in cui si rimettono in gioco gerarchie e strutture in modo radicale, ma pur sempre, inesorabilmente abitati da logiche patriarcali. In questo compromesso sperimenta ed elabora, in uno smacco continuo, quell’estraneità che si risolve solo nella sospensione, nel suo non trovare appoggio ma sempre e solo un ancoraggio temporaneo.
Motivo per il quale l’Iper_ Tenda si rivolge essenzialmente alle nuove generazioni chiamate all’appello con Zeno Salimbene e la sua poesia militante, nello slancio dell’esortazione a prendere posizione con Di-vertimenti,cherilancia in una sua coralità di voci e dialoghi, poesie la dimensione dell’altrove che è responsabilità nell’irriverenza al potere e si fa atto politico. Un percorso intrapreso a quattro mani, con Simone Rastellini che lo accompagna componendo alla tastiera anche lui giovanissimo, e ancora aprendo un dialogo con Agnese Landolfo in rappresentanza di Scomodo. Dialogo nato al cuore di un progetto europeo di scambio con giovani adolescenti e le loro visioni per un futuro. Il progetto Junges Utopia 2023 si è avvalso dell’esperienza della Tenda_ andando incontro alle loro necessità e fragilità, riconoscendo loro un ruolo di esperti nell’intravedere soluzioni per il futuro della città, al quale lo spazio della redazione di Scomodo a Roma ha aperto i propri spazi di aggregazione, al piano terra dello SpinLab oltre che il racconto e la condivisione della propria esperienza associativa.
Ragazzi e bambini con i quali ho lavorato da quando ero studentessa all’Accademia di Belle Arti e che per l’Iper_Tenda ho coinvolto nell’immaginare, in omaggio all’operare di Petrit Halija, artista che da bambino ha conosciuto l’esperienza dell’abitare in un campo profughi, che del disegno e dell’immaginazione, oltre che dell’infanzia, ha fatto strumento di riscatto e materia del suo operare artistico. Ho dato a loro il compito di far – prendere il volo – al pavimento della Pelanda con Chicken Wings, mostra che apriva lo spazio del teatro 2 e per la quale hanno elaborato uno stormo di uccelli immaginari e galline in fuga. L’installazione si apriva al dialogo con le opere della selezione dell’unico premio internazionale per ragazzi, organizzato dal Children’s Creative Art Centre and Gallery di Toruń, in Polonia, il cui pacco, che si doveva aprire durante la mostra, insieme al pubblico, non è pervenuto per tempo. Tengo a citare questo premio internazionale e collezione di opere d’arte di bambini e ragazzi di tutto il mondo.
Lo stormo ha invece circondato la lettura di Davide Cortese, invitato a partecipare alla giornata di apertura con la sua poesia che attinge all’infanzia come motore poetico. Il protagonista nel suo ultimo romanzo Malizia Christi25, è un bambino di cinque anni che vive come un adulto. Inviterà il pubblico a partecipare alla lettura invitandoli a produrre bolle di sapone, elevando lo sguardo alle linee, percorsi dell’Iper_Tenda in sospensione, alla cromatica che le bolle di sapone, nella loro fragilità, dilatano aprendo ai percorsi delle giornate successive.
La Tenda_ si sperimenta nella sua costruzione, nella condivisione dei gesti del lanciare, stendere, annodare, srotolare, procedendo per traiettorie che si definiscono nella condivisone del fare, del gesto del passare che collega un corpo con l’altro, contando sul prossimo movimento, oltre sé, nella continua partecipazione al divenire di un disegno che si può solo collettivamente, da un capo all’altro di un orizzonte, in sospensione, da ridefinire. L‘Iper_Tenda ha voluto portare una sua pratica dell’immaginazione, un invito all’abitare il divenire, esteso e condiviso a più voci impegnate sulla dimensione del confine offrendo un’ipotesi di coinvolgimento nella costruzione di un altrove: ripartendo dai più giovani, dai diritti delle donne e dei bambini, in una domesticità allargata, che possa sovvertire, andando incontro alla materialità indeterminata propria della condizione migrante avvistando sponde oltre l’individualismo neoliberista. Ripartendo dal corpo, dall’uscire oltre le quattro mura di uno schermo, quello dei nostri appartamenti e ripensando le strutture stesse della famiglia mononucleare, vere e proprie fondamenta di un pensiero etnocentrico e patriarcale, di cui si fa finalmente parola e a cui occorre apportare pratiche condivise e nuove comportamentalità.
Bambolo quale incubatore di possibilità, chiude la settimana dell’Iper_Tenda. Un furgone pieno di materiali, disegni, prototipi, parcheggiato negli spazi esterni del Mattatoio, dove propongo, nell’elaborazione condivisa, una serie di possibili amuleti, estensioni, accessori da indossare e far sfilare, un armamentario utile ad affinare la nostra capacità di sperimentarci e rivisitarci, incorporando una pratica dell’altrove alla nostra quotidianità. Utensili che ci aprano ad una gestualità condivisa liberando il processo conoscitivo dall’oggettivazione o mera “rappresentazione – del mondo là fuori – riportandola ad essere permanente produzione di un mondo attraverso il processo stesso del vivere26” che l’arte celebra e indaga nel suo farsi.
1 Chiodi, S., Prototipi, Sossella ed., 2001, p. 168.
2About Caledonia 2001, Soligo Art Project, Roma.
3 Leenhardt, M., Do Kamo. La personne et le mythe dans le monde mélanésien, in «Journal de la Société des Océanistes», Année 1947 n. 3, pp. 145-155.
4Muro che attraversa con CAL la galleria Soligo art project, EDONIA la Fondazione Olivetti per la collettiva Prototipi 0.1, C’E’ al Rialto al Sant’Ambrogio a Roma. L’iscrizione cita la scritta DIO C’E’ chesi ritrova in spazi desolati della periferia urbana. La leggenda urbana vuole che segnali luoghi di spaccio di droga (suggerendo l’acronimo Dio c’è / Droga In Offerta: Costi Economici).
5 Federci, S., Il Calibano e la strega, ed. Mìmesis, 2015.
6 Tribaldi, L., Menti parallele, Effequ ed., 2020, p.18-19.
7 Per ulteriori approfondimenti ed immagini rimando alla pagina web dedicata: https://www.valeriasanguini.com/la-tenda_/
8 Tribaldi, op. cit., p. 119: «Il modo migliore per sfruttare la capacità di auto-organizzazione di un sistema materiale è rinunciare al controllo diretto dell’altro, permettendo alla sua struttura relazionale di emergere in tutta la sua complessità».
9 Dalla mostra di A. Bergonzioni, Tutela dei beni: corpi del (c)reato ad arte (il valore di un’opera, in persona) presso il Museo Aristaios, Auditorium di Roma, dicembre 2022.
10 Minotti, D., Esili Nidi, Nottetempo edizioni, 2022.
11Flaiano, E., Il tempo di uccidere, Longanesi, 1947
12 White, K., L’esprit nomade, Grasset, 1987.
13 Stalker è un soggetto collettivo nato nel 1995, che compie ricerche e azioni sul territorio con particolare attenzione alle realtà di margine, territori in abbandono e in trasformazione da loro chiamati “Territori Attuali”.
14 Farinelli, F., Geografia, Einaudi, 2003.
15 Papadopolous, D., Tsianos, V., The autonomy of migration: The Animals of Undocumented Mobility Hickey-Moody, Anna, & Malins, Peta (Eds.) 2007, p. 88: «Piuttosto il divenire dei migranti crea una materialità indeterminata grazie alla quale prosperano nuove connessioni, socialità, comuni traiettorie, networks informali, spazi di transito».
16Ibidem, p. 89
17Ibidem, p.89: «Divenire impercettibile è un atto immanente di resistenza, proprio perché rende impossibile identificare nella migrazione un processo costituito da identità collettive stabili. Divenire impercettibile è lo strumento più preciso e più efficace di cui i migranti dispongono per contrastare la forza di un potere geopolitico che pretende di individualizzarli, quantificarli e rappresentarli».
18 Del Grande, G., Il secolo mobile. Storia dell’immigrazione illegale in Europa, Mondadori, 2023.
19 Montezemolo, F., Hidden in Plain Sight, ed. Nero, 2024.
20 Bacci, G., Confini. Viaggi nell’arte contemporanea, Postmedia books, 2022.
21Ibidem, p. 105
22 Jodorowsky,A., La danza della realtà, Feltrinelli, 2009.
23 Menolascina, G., L’arte contemporanea per il sociale, ed.Iemme, 2014.
24 Bacci, G., Confini. Viaggi nell’arte contemporanea, ed. Postmedia, 2022, p. 105.
25Cortese, D., Malizia Christi, edizioni Croce, 2024.
26Maturana Humberto R. Varela Francisco J. ed. Garzanti Libri, 1999